Raramente (forse mai) una città è stata così fortemente legata ad una band e ad un genere musicale. Verso gli inizi degli anni ’90, infatti, dalle fogne dell’underground di Seattle uscirono come topi centinaia e centinaia di band musicali; l’associazione era bivalente: se un gruppo è di Seattle automaticamente fa grunge; allo stesso modo, un gruppo, per essere considerato grunge, deve provenire da Seattle.
Il valore musicale di queste band non era neanche cattivo, ma il loro periodo storico si limitò a quei 3-4 anni in cui il grunge era in auge. L’industrialità della città dettava i ritmi malinconici, depressivi, e venivano mischiati con le basi classiche e aggressive del punk. Quello che viene fuori non è un movimento di protesta, ma un movimento che si arrende prima di combattere: la rockstar alternativa non è più un vincente contornato di donne come i Motley Crue, ma è un perdente (nel caso dei Nirvana il leader Kurt Cobain è bello, maledetto, ma fondamentalmente un depresso cronico). In questo contesto i Nirvana sono il prodotto più rappresentativo della città di Seattle (anche Jimi Hendirx era di lì, ma in quel caso il legame è pressoché nullo).
L’album di esordio (“Bleach”) serve a delineare i caratteri, ma il grunge vero e proprio doveva ancora venir fuori, ed emerse due anni dopo con il seguente “Nevermind”, probabilmente l’album più significativo nella storia del rock degli ultimi 25 anni. Le basi, come detto, sono quelle tipiche del punk, suonato con un pò più di cura; il nichilismo nei testi ed i ritmi rallentati e cadenzati rendono l’album un’icona non ancora spodestata della generazione post anni ’80. Protagonista assoluto, manco a dirlo, è Kurt Cobain: la sua voce è bassa e decadente, tanto da essere paragonata (in maniera assolutamente spropositata) a quella di Jim Morrison; la chitarra fa riff semplici e orecchiabilissimi, sporcati di quel tanto che basta per esaltare la melodia delle canzoni. “Smells Like Teen Spirits” è un tormentone che durò per anni, ed il suo riff è uno dei più noti della storia del rock. Sebbene non sia questo il genere che normalmente ascolto, penso che sarebbe un delitto non attribuire a quest’album la giusta importanza che merita.
Il lavoro seguente, dopo una raccolta di b-sides (“Incesticide”), è “In Utero”; sebbene anche qui le caratteristiche del grunge ci siano tutte, il gruppo sposta leggermente il tiro verso un suono più metal; il disco è più che buono, ma chiaramente non raggiunge le vette del precedente.
Il 08/04/1994 la depressione che tanto aveva fatto il successo della musica dei Nirvana, ebbe la meglio su Cobain, trovato morto a Seattle per un sospetto suicidio. Morto il leader, il gruppo raggiunge il suo massimo di notorietà.
E’ curioso notare che quando muore il leader di una band, gli album postumi, soprattutto se ottenuti da registrazioni precedenti, risultino essere alquanto scadenti, ma in questo caso l’edizione postuma dell’ “MTV Unplugged in New York” rappresenta la vera consacrazione della band. L’album, pur rientrando nella categoria live, deve essere considerato come un episodio a parte: l’esibizione acustica di Cobain in pezzi del gruppo e cover di altre band è qualcosa che lascia semplicemente a bocca aperta. Se prima c’era qualche dubbio sulla loro grandiosità, questo disco spazza via ogni dubbio.
Finita l’avventura con i Nirvana, per gli altri due membri del gruppo iniziarono dei nuovi progetti; particolarmente attivo fu l’estroso batterista Dave Grohl che, tra le altre cose, divenne leader dei Foo Fighters, un gruppo rock crossover molto divertente che, ancora in attività, è stato capace di produrre lavori meritevoli, come il bellissimo “There is Nothing Left to Lose” del 1999.
In conclusione, c’è chi pensa che i Nirvana siano stati un fenomeno passeggero; io penso che le dimostrazioni di bravura, invece, siano state diverse. Non stiamo parlando del gruppo migliore della storia, ma sicuramente di qualcosa di molto più concreto che una meteora.