Visto i commenti fatti riguardo a gruppi più o meno simili è difficile da credersi, ma gli Smiths sono uno dei miei gruppi preferiti in assoluto. In effetti non c’è un motivo particolare, semplicemente quello che hanno prodotto lo hanno fatto alla grande.
Musicalmente parlando fanno parte di quel movimento che gravita attorno al punk, meglio conosciuto come New Wave; in verità questa definizione si addice più ad un movimento artistico che ad un genere musicale, in quanto era etichettabile a personaggi che cercavano di sperimentare nuove sonorità, moderne per l’epoca, ma senza eccedere negli estremismi del punk, ma anche senza piegarsi alle leggi del mercato dettate dal pop. Chiaramente una definizione così racchiude molti gruppi diversi tra loro, per qui ritengo giusto entrare un pò più nello specifico e considerare gli Smiths come un gruppo proto-indie, in quanto anticipa di parecchi anni quello che poi verrà ripreso, per esempio, dai The Killers.
Il loro fantastico album di esordio, “The Smiths”, è un perfetto esempio di quel genere musicale che si è cercato di spiegare in precedenza: più raffinato del punk, meno oscuro del dark, finisce con l’accontentare tutti; quello che risalta è la particolarissima voce di Morrisey, leader del gruppo assieme al chitarrista Johnny Marr.
Dopo un esordio da fuochi d’artificio, il gruppo fece parlare di sé dal punto di vista sociale con il seguente “Meat is Murder”, che evidenzia alcuni eccessi della società capitalista. Musicalmente è un netto passo indietro rispetto al precedente, con tematiche musicali forse più orecchiabili, ma sicuramente più scontate; poco male: nel 1986 la band ebbe modo di rifarsi, e con gli interessi: “The Queen is Dead” è il loro capolavoro; torna lo stile indie-new wave, ma le ritmiche riescono ad essere ancora più azzeccate che nell’album di esordio. Normalmente non parlo dei singoli prodotti dalla band, ma in questo caso è quanto mai necessario fare una eccezione: l’ascolto del disco va assolutamente integrato con i singoli non presenti nell’album “Panic” e “Ask”, probabilmente i pezzi meglio riusciti del gruppo.
All’apice della loro carriera gli Smiths si limitarono a fare un quarto album simile nelle sonorità al secondo, ma più riuscito nel risultato finale, e poi si sciolsero. I due leader intrapresero le carriere soliste, ma solamente quella di Morrisey è meritevole di una certa rilevanza, che comunque a confronto con quanto aveva fatto col gruppo è piuttosto trascurabile.
Nonostante molte richieste di reunion, gli Smiths si limitarono solamente a questi quattro album; tra questi ne sono bastati due per inserirli tra i grandissimi della musica; certo che la curiosità di vedere se il gruppo sarebbe riuscito a produrre qualcos’altro di così buono c’è, ma se la luce si era spenta, forse è stato meglio finire così. Chissà.